Capitolo 5, Enjoy. <3
Un rintocco lento e cadenzato annunciò a tutto il paese la celebrazione imminente. Il cielo, coperto da nuvole pesanti e grigie, come se anch’esso partecipasse al dolore che pesava sui cuori di ogni abitante di Valres, emanava bagliori di lampi lontani e un odore di fieno bagnato, preannunciante pioggia, colmava l’aria.
I ragazzi, svegliati di buon’ora, scesero lentamente dal pendio della capanna e entrarono nel villaggio. A parte i rintocchi della campana, ogni strada e fessura era silenziosa, in solenne rispetto di morte. Nessun addobbo funebre per le strade, solo gente che sfogava i suoi lamenti coprendosi il volto con le mani per evitare di fare rumore.
“ è sempre così quando muore qualcuno qui?” chiese Emanuele a Mayen sussurrando. L’altro annuì lievemente, incamminandosi davanti al resto del gruppo. Seguirono un gruppo di persone vestita di pesanti tuniche nere dai riflessi bluastri diretta verso la piazza, su cui era stata eretta una pila di legna circondata da fiori color rosso sangue. Com’era consuetudine a Valres, i cadaveri venivano cremati, e le ceneri lasciate al vento dopo essere state raccolte e portate fino in cima alla collina, dopo una processione segnata da canti monotoni verso il cielo.
“ Però mi sembra strano … dopotutto è morto il saggio … come mai non c’è una cerimonia .. diciamo più … sfarzosa?” chiese Fire, dubbioso infatti della povertà di quella cerimonia. Mayen lo squadrò e chinò gli occhi:” Esplicita richiesta del saggio. I suoi familiari avrebbero voluto qualcosa di più, ma lui ha insistito e alla fine eccoci qui. Forse non voleva attirare gente da fuori con la sua morte. Quando muore il saggio accorre parecchia gente a vedere.”
“ Non è una cosa bella … insomma, è un funerale, non una festa di paese.” Osservò Sheila.
“ Appunto per quello ha voluto silenzio. Per non fare della cerimonia una cosa troppo suggestiva.”
Tutto questo venne detto sottovoce, poiché erano circondati da persone e non volevano essere scambiati per i maleducati di turno.
Poi tutto all’improvviso tacque. Dovevano essere appena le8 del mattino, e non c’era abbastanza luce ancora. Il tocco delle campane si fece più lento e oltre a quello si sentì un canto nell’aria, un canto funereo e sempre più vicino. Tutti si voltarono verso la strada che conduceva alla capanna: Un gruppo di persone, dai lunghi abiti bianchi e incappucciati, erano raggruppati davanti a una barella sollevata in alto da quattro figure. Sopra la barella si poteva intravedere il vecchio saggio, la tunica bianca più rilucente delle altre. Si potevano anche distinguere quattro drappi, tutti recanti lo stesso stemma: l’aquila color cremisi su sfondo panna e oro della città di Valres.
In fondo al gruppo, i ragazzi poterono vedere Rin la cantastorie. Teneva in bocca il suo flauto, da cui usciva una melodia paragonabile al canto di una fenice: triste e melodioso, il suono soave di uno che piange la morte di un suo caro. Quel suono squillante si librava nell’aria, infondendo tristezza nei cuori di chi ascoltava.
“ Chissà dove si è accampata per poter tornare poi su e unirsi al corteo.” Si chiese Mari tra sé e sé.
Il corteo funebre fece il giro della piazza recando il corpo, a cui vennero lanciati fiori rosso sangue come di tradizione, inondando la piazza granitica di un’onda scarlatta. Poi questo si fermò e si volse verso la pila di legna accatastata avanzandoci contro. Uno degli uomini incappucciati uscì fuori, ponendosi al centro e sfilandosi il cappuccio dalla testa. Era un uomo anziano, una barba ispida e biancastra gli ricopriva guance e mento. Aveva gli occhi stanchi e solcati dalle occhiaie della vecchiaia e dell’insonnia.
Rin cessò di suonare, e si unì alla folla radunata intorno al corteo, mettendosi accanto ai ragazzi. Mari le si accostò sorridendole appena.
“ Popolo di Valres, è con immenso dolore che reco qui, dinanzi al cielo del santo regno di Murof, il corpo del saggio, la cui anima stanotte è stata portata via da oscuri presagi di morte e distruzione. Possano le sue ceneri unirsi a quelle dei suoi antenati, sulla via della Saggezza Celeste.” Tuonò l’uomo, con voce profonda e rispettosa alzando le mani al cielo. Tutti si inchinarono, compresi i ragazzi, e il corteo circondo la legna. La barella venne abbassata, e un uomo vestito di bianco ma con un disegno scarlatto sulla veste, prese in braccio il cadavere, posandolo sopra il mucchio con delicatezza.
L’uomo che aveva fatto il discorso, si avvicinò con una brocca color dell’alabastro e versò sul corpo una sostanza oleosa, recitando formule in lingua antica.
Mari sentì la tipica fitta allo stomaco ogni qualvolta che assisteva a un funerale. Quella sensazione triste la faceva sentire come se del ghiaccio le stesse congelando le viscere. Si premette una mano alla bocca, nel tentativo di non singhiozzare.
Nina le si accostò posandole una mano sulla spalla:” Va tutto bene?”
Mari sincera scosse la testa e mormorò un lieve”scusate”. Quindi si fece un varco tra la folla, e Nina la seguì a ruota, insieme a Rin e a Julie, che si incamminò a testa bassa. Gli altri rimasero a guardare come la torcia che venne lasciata sul corpo del saggio si alimentasse della carne del vecchio,le cui fiamme divamparono rapide e rossastre.
Giunta che fu a una panchina Mari vi si sedette, e le altre tre ragazze le si accerchiarono attorno, con viso preoccupato.
“ Sei parecchio sensibile di stomaco?” chiese Julie, con un tono non molto delicato.
L’altra scosse la testa nascondendosi il viso tra le mani:” I funerali mi fanno quest’effetto, tutto qui. Da quando vidi mia nonna morire, non sopporto le celebrazioni di questo genere.”
“ Capita, su. Anche a me non piacciono tanto.” Nina le si sedette accanto, massaggiandole la schiena piano.
Rin, invece, si voltò verso la sua sinistra, con uno sguardo quasi pensieroso.
“ Qualcosa che non va?” le fece Julie, cercando di vedere cosa Rin avesse visto. L’altra voltò la testa e alzò le spalle,dicendo solo:” Presentimenti. Dubbi. Non so.”
“ I suoi modi di fare enigmatici non mi fanno sentire a mio agio.” Disse la licantropa, alzando il sopracciglio. L’altra sorrise appena, riprendendo a guardare verso la sua sinistra.
“ Stai meglio Mari?” fece Nina, abbassandosi verso di lei. La ragazza si grattò il braccio con il tatuaggio e sorrise:” Un po’ … oh, ecco Soul!”
Tutte e quattro sollevarono lo sguardo, e videro la scia luminescente del drago posarsi sul palmo della mano della padrona. Un debole sussurro provenne dal fumo, e il volto di Mari sembrò dare un’interpretazione chiara del messaggio. Era teso e guardingo, e alla fine impallidì.
“ Capisco … “ concluse, soffiando su Soul, che ritornò nell’orecchino.
“ Ci stanno cercando?”
“ Già … e Soul ha visto altro anche.” Fece Mari, guardando verso destra, nella direzione in cui Rin aveva volto lo sguardo poco prima.
“ Cosa precisamente?”
“ Un fiore.” Sibilò, inspirando profondamente:” Il cui profumo non porta sollievo.”
Il deserto di Loyel non aveva mai avuto, nel corso della sua storia, un avvenimento tanto imponente. La grande pianta cresciuta da quel misero germoglio verdastro del giorno prima formava un’intricata serie di rami intrecciati e spinosi, che salivano al cielo come sorretti da stecche di legno, di quelle che si legano agli ortaggi per non farli cadere sotto il peso dei frutti. Un odore acre, come di zolfo, impregnava ora l’aria tinta di viola e rosso che colorava il cielo del deserto, e la voragine tuonava, come se un grande cuore pulsasse sotto il cumulo di terra che sorreggeva la pianta.
L’aura viola intanto si era fatta più intensa. Luce evanescente iniziava a circondare il germoglio, stringendolo in spire di fumo perlaceo tinto di lilla. Lust e Axis, i due coniugi che avevano assistito al principio di ciò, guardavano esterrefatti l’avverarsi della profezia davanti ai loro occhi.
“ Dove sono le ali?” chiese Lust, aguzzando la vista.
“Pazienta mia cara. Pazienta.” Fece l’altro. Solo pochi secondi dopo che Axis ebbe pronunciato quelle parole, un bagliore violaceo irruppe nell’atmosfera. Fu un attimo: l’aura colorata si allargò e andò a formare due pieghe enormi, simili a vere e proprie ali d’uccello. Queste si allargarono tantissimo e poi fecero per stringersi sempre di più, fino a circondare il germoglio e farlo sparire dentro una barriera lilla. Una luce a intermittenza proveniente da quel grande ammasso di potere rischiarò la sabbia grigiastra tutt’intorno, e per qualche istante la terra tremò di nuovo. Poi un lampo rosso squarciò la cima della barriera, e questa si dissolse piano, sgretolandosi poi per dare di nuovo modo agli occhi di intravedere quel germoglio solitario, che era cresciuto spaventosamente nel giro di così poco tempo.
“ La profezia si è avverata!” gioì Lust:” Il bene non ha trionfato sul male stavolta e il germoglio crescerà ancora, seminando panico.”
“ Dimentichi l’ultima parte della profezia.” La corresse Axis, alzando la mano:” Solo Gli Undici potranno fare il necessario per impedire il caos della Notte del Fato.”
“ Me n’ero scordata per un bellissimo attimo …” fece lei, con voce rabbuiata.
Axis sorrise, una risata tetra risuonò dalle sue labbra:”Ovviamente noi siamo qui per impedire ciò, o no?”
“ Giusto.” Fece lei sorridendo. Poi richiamò l’attenzione del marito sulla pianta, sulla cima della quale era apparso un fiore, dai lunghi petali scarlatti. Doveva ancora sbocciare, ma lo avrebbe fatto da un momento all’altro.
I petali infatti si aprirono con lentezza snervante, e qualcosa come un’onda di pura malvagità uscì appena il fiore ebbe districato i suoi petali. Axis e Lust ne vennero travolti, e una sensazione piacevole invase i loro cuori.
“ L’avvento dell’Oscurità.” Fecero all’unisono.