| Capitolo 21
“ Ricordate; i prigionieri verranno portati al forno tra meno di un’ora … avete tempo fino ad allora per portarla fuori, poi si accorgeranno della sua assenza e scatteranno gli allarmi. Quindi dovrete essere fuori e lontani. Capito?” Mark ci riassunse il piano in quattro e quattr’otto, mentre io e Elly annuimmo decisi sotto lo sguardo preoccupato di mia madre. “ D’accordo … ora muoviamoci.” Dissi, iniziando ad avviarmi seguito da mia sorella. Acquattati, ci avvicinammo alla fessura della rete che ci aveva indicato Mark prima. Constatammo che era abbastanza grande per farci entrare un ragazzo di media statura insieme a una ragazza lata senza problemi. “ Vai, prima tu …” Alzai poco poco la rete per permettere il passaggio a mia sorella, che silenziosamente entrò dentro. Fortunatamente per noi, la rete non era munita di sistema di conduttura a scosse. E il contatto non mi procurò ustioni di alcun genere. Dopo che Elly fu dentro, fu il mio turno. Lei mi sorresse il lembo di rete in alto, mentre io a carponi mi intrufolai dentro con lei. Dopodiché, ci potemmo considerare dentro il campo. A quell’ora erano accese la alte lampade per illuminare il circondario, insieme ad alcune lampade a petrolio appese alle capanne, pericolosamente a contatto con il legno assai infiammabile di alcune. “ E ora andiamo …” dissi io guardandomi intorno in cerca del forno crematorio. Lo vidi, lontano una decina di metri, e poco distante potei distinguere la sagoma di una capanna. Per nostra fortuna non era sorvegliata. “ Max! Lì dentro si trova 15674.” Fece mia sorella avanzando cauta rasente i muri delle varie capanne che ci separavano dalla destinazione. “ Si chiama Deborah …” piagnucolai. Per tutto questo tempo non aveva ancora afferrato il suo vero nome! Quanto avrei voluto fargliela pagare in qualche modo. “ Si, si … ora andiamo però …” alzò gli occhi al cielo, come scocciata, mentre eravamo sempre più vicini all’obiettivo. La capanna si ergeva inquietante sotto il cielo puntellato delle prima stelle della sera. La porta era aperta, e si poteva sentire il tossire insistente di qualcuno, misto al russare di qualcun altro. “ è questa … di solito ci stipano i malati o quelli che non possono più lavorare … o semplicemente, se non si ha più spazio nel campo, ne bruciano.” Spiegò mia sorella, con voce piatta. Io rabbrividii alla sola idea di tutti gli innocenti morti a causa di un piccolo colpo di tosse sfuggito davanti alle guardie. Tutto ciò era deplorevole. “ Mio dio … presto … “ ero in ansia per la sorte della mia piccola Deborah. Acquattati alla parete, superammo la soglia e l’oscurità si impadronì dei nostri occhi che già strizzavano per la scarsa luce lì dentro. Tutti dormivano, si potevano sentire i loro respiri pesanti, interrotti a volte da colpi di tosse, e tenevano la schiena voltata a noi, quindi avrebbero visto la parete se avessero aperto gli occhi. “ Chissà dov’è …” fece mia sorella, che ogni tanto si sporgeva su un prigioniero per poter vedere se fosse Deborah, ma rimanendo delusa da quello che invece trovava. “ Cerchiamo il suo numero .. o una ragazza con i capelli neri.” Dissi io, che nel mentre guardavo i grembiuli delle persone, per controllare il numero. “ Cosa ti fa pensare che abbia ancora i capelli? Può darsi che l’abbiano rasata prima di farla venire qui.” “ Non penso che si possano essere curati di questo particolare … cerca.” Ero fermamente deciso a trovarla, mentre però sembrava che la speranza non mi volesse aiutare. Ormai avevo esplorato la capanna per tutto il suo perimetro, e ancora nessuna sua traccia. Che non fosse lì? No, doveva essere lì, per forza. Non c’erano altre capanne nella zona, quindi … ma sembrava che tutto mi volesse impedire di volerla trovare. “ Elly … l’hai trovata?” “ No … mi dispiace …” sentivo la voce delusa di mia sorella. Poi … qualcosa come un sussurro. Qualcosa dentro di me si risvegliò, potei sentire un “Max …” sussurrato debolmente. “ Elly … mi hai chiamato?” chiesi titubante. “ No … non ho detto niente.” Fece lei dubbiosa. Lo risentii, stavolta più limpido … “ Max …” e stavolta, non era la voce di mia sorella. “ Deborah ….” Stavo sognando o era lei che mi chiamava? Cominciai a cercare dappertutto ossessivamente, e i miei sforzi vennero ripagati: una lunga chioma corvina pendeva da poco meno di un metro dalla mia testa, e prima non me ne ero nemmeno accorta. Mi sporsi in punta di piedi su quella persona e guardai il suo grembiule: 15674. “ Finalmente … ti ho trovata!” gioii come non mai a quella scoperta. Era lì sopra di me, su quel ripiano di legno, e ringraziai il cielo così tanto per averla trovata lì dentro che nel vento, mista all’odore di altre persone e a quello del fumo di una ciminiera.
Sentii una leggera pressione alla spalla nel bel mezzo del mio sonno. Era un tocco lieve, e non era nuovo. Sapeva di … lui. “Max?” sussurrai istintivamente, pensando subito a lui. Ma poi riflettei; che non fosse semplicemente la mia mente a volermi giocare un brutto scherzo con quel segnale di nostalgia? Forse ero solo io che mi toccavo la spalla per ricreare il suo tocco. Socchiusi lentamente le palpebre per vedere la posizione delle mie mani e se una di loro stesse toccandomi la spalla. Ne trovai una sul fianco, una sotto la testa, e che io avessi tre mani era improbabile. “ No …” pensai, presa un po’ dal panico. Sentii, insieme alla pressione, una leggera scossa e sbarrai gli occhi. “ Deborah ?” la sua voce. La sua meravigliosa voce. Feci per voltarmi lentamente, chiudendo gli occhi per poi riaprirli davanti al mio ormai ovvio interlocutore. Voltatami completamente sul fianco sinistro, li aprii lentamente, e incontrai due occhi verdi, bellissimi, che mi sorridevano speranzosi. “ Oh mio dio … Max sei qui …” trattenevo a stento le lacrime dalla gioia, mentre mi alzavo sui gomiti per osservarlo meglio. Sveva una divisa da prigioniero anche lui, e portava il numero 76548 che potevo intravedere nonostante il buio nella stanza. “ Si … ti porto fuori da qui …” “ Ma anche tu sei stato catturato?” chiesi istintivamente. “ Ti spiego più tardi come sono le cose .. ora però andiamo … abbiamo poco tempo …” mi porse la mano come per farmi scendere dal mio giaciglio. La presi titubante e con un leggero salto che lui attutì mettendomi le mani sui fianchi scesi a terra, a pochi centimetri da lui e dal suo viso. “ Quanto ho sperato il tuo arrivo …” ero felicissimo di rivederlo. Mi aggrappai a lui abbracciandolo con tutte le mie forze, lo avvolsi con le mie esili braccia e finalmente sfogai le mie lacrime tanto custodite prima di allora. “ Sono qui …” mi consolava accarezzandomi i capelli delicatamente. Si scostò un po’ e mi alzò il viso ponendomi un dito sotto il mento:” Andiamo?” “ Si …” lo guardai intensamente negli occhi prima di lasciarlo andare. Solo allora mi accorsi della presenza di sua sorella. “ Elly … sono felice di vederti …” le dissi gentile. Lei si limitò a sorridermi in modo piuttosto astioso:” Usciamo di qui, tutti questi malati mi danno leggermente sui nervi.” “ la solita schizzinosa …” disse Max scherzoso. La risposta di Elly fu una risata sarcastica alquanto infastidita. Sorrisi divertita, ma poi quel sorriso mi sparì dal volto. “ Ce la faremo, vero?” chiesi io, mentre uscivamo piano dalla capanna. “ Conta su di me …” fu l’unica cosa che riuscii a dirmi Max. Lo vidi tirare fuori la testa dalla capanna per perlustrare. Voltò la testa a sinistra e destra e poi ci fece un gesto con la mano come di avanzare. “ Via libera … presto!” A quel punto mi afferrò il polso e mi ritrovai a correre insieme a lui, seguita da Elly che cercava di non inciampare nel camice. Continuavo a correre, collegata a lui solo dalla sua stretta al mio braccio, mentre la strada della nostra fuga sembrava spianata e senza ostacoli. Ma forse, avevo cantato troppo presto. Un rumore assordante. La sirena d’allarme evasione era scattata d’improvviso. L’uscita lì, a pochi metri di distanza, e mancava solo qualche passo alla libertà. Guardai verso Max, che si volse verso di me e sorrise:” Tranquilla, non ci prenderanno comunque …” Aumentai la velocità di corsa, confortata da quelle parole. Niente doveva andare storto, non con lui, non poteva andare niente per il verso sbagliato con lui.
Capitolo 22
Assolutamente! Non sarebbero state di certo quattro guardie a impedirmi il suo salvataggio! Quella maledetta sirena era suonata proprio quando tutto sembrava andasse per il meglio, pochi passi ancora e sarei uscito, l’avrei salvata e sarei andato con il cuore in pace in guerra. Strinsi la presa al suo polso, mentre sentivo i suoi passi accelerati misti ai miei. Le guardie ci videro mentre per poco non uscivamo da lì e si misero alle nostre calcagna urlando come ossessi. Io le guardai, avevano un’espressione alquanto intimidatoria, non sarebbero stati certo quei brutti ceffi a fermarmi. Quindi li guardia con aria di sfida continuando a correre:” Deborah …” le dissi:” ti fidi di me?” “ Come potrei non farlo?” sentii la sicurezza nella sua voce tanto delicata. “ bene … tieniti, tra un pò saremo fuori … Elly! Scatta in avanti e superami!” urlai a mia sorella, che era dietro di me. Lei mi sentii e con uno scatto felino raggiunse la mia velocità arrivando in fretta alla rete prima di me. “ Tienila alzata!” Mi piegai in avanti nell’atto della corsa e lo stesso fece Deborah. Non avevamo tempo per fermarci a oltrepassare la rete da fermi, dovevamo farlo in movimento. Elly alzò subitanea la rete, abbastanza da potermi far passare senza ulteriori piegamenti. E io ne approfittai. Strinsi ancora di più quel fragile polso, e come il gatto che passa nelle più strette fessure, passai di corsa, seguito da Deborah che per poco non inciampò nella corsa. Elly ci fu subito dietro, facendo un giro scattò fuori e rimise la rete al suo posto. I soldati erano pericolosamente vicino. “ Stanno scappando! Presto!” urlò uno di loro mentre alzava di nuovo la rete per uscire a catturarci. Lasciai la presa di Deborah, mentre correvamo in direzione della boscaglia circostante:” Elly! Prendila con te! Dobbiamo separarci!” urlai, mentre io mi diressi alla mia sinistra. Vidi chiaramente che Elly e Deborah si diressero verso destra. Non guardai dietro di me per tutto il tempo in cui corsi nel buio del bosco in cerca di seminare quelle macchine da guerra. Ma sentivo chiaramente qualcosa che mi seguiva, così, dopo aver saltato uno dei tanti cespugli di mirtilli che incontrai, volsi lo sguardo indietro. Una guardia piuttosto bassina ma veloce mi stava seguendo, braccando un fucile. “ Bastardo! Fermati non hai scampo!” mi urlò contro, e per poco non beccai una pallottola sparata da quel miserabile. Piegai la testa in avanti e deviai verso la mia destra, ma quello lì continuava a seguirmi. Un altro sparo, schivato anche quello. Però dovevo far presto a trovare una soluzione. E quella venne da sé. Mentre continuavo a correre, sentii qualcuno chiamare:” Qui!” voltai la testa verso la fonte del suono, vidi chiaramente una mano chiamarmi verso i rami di un albero non poco lontano da lì. Mi affrettai a raggiungerlo, deviando alla mia sinistra e per un po’ oscurai il campo visivo della guardia nascondendomi tra quegli alberi. Giunto al tronco, la mano di prima divenne un braccio peloso di uomo, che afferrò il mio saldamente e mi sollevò, portandomi sopra il ramo dell’albero dai rami fittissimi. Mi sedetti sul ramo grosso dove mi poggiò l’uomo che mi aveva salvato. Era Mark. Ripresi fiato dalla corsa estenuante di prima. “Grazie .. tempismo perfetto!” dissi, quasi senza fiato. Mi misi una mano sul cuore, batteva a ritmo impazzito. Peggio di quando vidi Deborah la prima volta. Ma a proposito di lei .. dov’era? “ Deborah …?” sussurrai preoccupato a Mark, che guardava di sotto. Lui si mise un dito sul viso in segno di silenzio e indicò giù. La guardia di prima sembrava disorientata e continuava a guardarsi intorno con fare circospetto. Attesi che se ne andasse avvolto in un silenzio che sapeva di inquietudine vera, mentre quella, rassegnata all’idea di aver fallito, tornò sconfitta indietro. Tirai un sospiro di sollievo poco dopo e ripetei la mia domanda. “ è in macchina … al sicuro con Elly e tua madre.” Disse lui rassicurandomi. Tirai un altro sospiro di sollievo:” Andiamo, devo rivederla prima di poter tornare a casa.” “ Sicuro!” rispose sorridendo. Saltammo giù dal ramo e poi Mark mi fece da giuda nel buio di quel bosco verso la sua macchina. La raggiungemmo dopo cinque buoni minuti di camminata, e come lui aveva detto dentro stavano Deborah che riprendeva fiato insieme a Elly.
Lo vidi arrivare attraverso il finestrino della macchina, accompagnato da Mark. Era una gioia immensa saperlo vivo, gli ultimi istanti li avevo vissuti nella più completa disperazione che gli fosse successo qualcosa. “ Max!” scesi dalla macchina raggiante e gli andai incontro. Lo vidi fare lo stesso, e quando mi abbracciò mi sollevo in aria, facendo fluttuare i miei capelli neri sotto i raggi splendenti della luna sorta poco prima. “ Stai bene! Temevo che ti avessero preso!” ero felicissima, e in lacrime per lui. Gli cinsi le spalle ancora più forte di prima, non volevo lasciarlo scappare, proprio come dentro la capanna dei condannati. Delle calde lacrime che non riuscii a trattenere iniziarono a colare dai miei occhi e dei singhiozzi mi mozzarono il respiro. Piangevo di felicità perché era vivo, e di tristezza perché non lo avrei rivisto per lungo tempo. Dovevo sentire il suo calore un’ultima volta, prima di dovermi separare da lui. “ Deborah …” mi strinse nel suo caloroso abbraccio con voce tremante, eravamo solo noi due, sotto un cielo di lievi stelle e fra il canto delle cicale che frinivano nascondendo i nostri singhiozzi. I miei più che altro:” non piangere … SSh …” mi consolava accarezzandomi i capelli e potei sentire uno schiocco sulle fronte delle sue caldi labbra setose. Mi scostò un pochino, per potermi prendere il viso tra le mani dolcemente. Lo guardai in quegli occhi verdi resi luminosi dalla luce della splendida luna in cielo. Erano bellissimi, lui era bellissimo in tutto. Appoggiai le mie mani sul suo petto all’altezza del cuore:” Max … io …” “ SSh … è tutto finito per adesso … sono felice di averti potuto vedere un’ultima volta prima di partire.” Mi guardò più intensamente, i nostri respiri ormai si fondevano in uno solo capace di sciogliere il ghiaccio di un iceberg. “ Anch’io … anch’io … ma non voglio perderti di nuovo …” strinsi i lembi della divisa da prigioniero che ancora indossava, distogliendo lo sguardo da lui e bagnando la sua mano con le mie lacrime. “ Neanch’io … ascoltami …” mi fece alzare il viso, aveva gli occhi lucidi come i miei, ma non piangeva. Si tratteneva dal farlo per non farmi stare male, sicuramente. “ Ti amo immensamente e voglio solo che tu sia felice … andrai con Elly verso la libertà, aspettami e ti raggiungerò anch’io, presto o tardi lo farò te lo prometto.” “ So che lo farai sicuramente … Ti amo … e per favore … non morire.”gli sussurrai, a un millimetro dalle sue labbra. La voglia di baciarle era immensa, la voglia di risentire un’ ultima volta quel calore unico che solo lui mi poteva donare. Prima di partire, prima di abbandonarlo al suo destino infame,prima di poter solo sognare di poterlo rincontrare un giorno. Prima di tutto. “ Non lo farò … “ mi rispose, suadentemente. Chiusi gli occhi, mentre i suoi petali di seta si poggiarono sulle mie labbra, e estasiata le dischiusi facendo entrare quel frutto nel mio corpo. Avvolsi le mie braccia attorno a lui accarezzando i suoi capelli neri, mentre le nostre labbra giocavano tra di loro, senza malizia e con puro sentimento di castità. Sentivo le sue dita contro il mio viso, mentre le sue labbra esploravano le mie in un gioco di carezze piacevole e delicato. Non volevo che quel calore smettesse di ristorarmi il cuore, non volevo ripiombare nella dura realtà di tutto quel mondo di schifo, dove i pregiudizi sottomettono la gente. Volevo essere in mondo tutto mio, io e lui, soli, lì, tra baci e carezze, nell’amore più casto del mondo. Mi vennero quasi le lacrime appena sentii un gelido vento accarezzarmi le labbra, misto a quello caldo e piacevole del suo respiro:” è stato meraviglioso.” “ Non quanto te …” gli sussurrai riposando delicatamente le mie labbra serrate sulle sue. Uno schiocco di ringraziamento. E il nostro attimo dolce venne interrotto dalla voce di Mark:” Dobbiamo andare.” Sospirai triste e mi staccai da Max, che mi stette accanto tenendomi la mano intrecciata dita a dita. “ Ultimo saluto miei cari … poi le signorine dovranno andare.” Ribatté di nuovo, mentre io nel mentre mi diressi al fianco di Elly, che teneva sulle spalle la sua borsa da viaggio. La madre andò accanto al figlio e gli posò le mani sulle spalle. Aveva uno sguardo triste e commosso allo stesso tempo, avrei voluto salutarla ma non c’era tempo. Mark ci fece entrare nella macchina, mentre gridò a Max:” poco distante da qui c’è un mio amico che vi riporterà a casa. Lì …” indicò a sinistra, e Max e la madre annuirono, iniziando ad andare in quella direzione. Prima di chiudere la portiera che mi avrebbe per sempre separato da lui, gli urlai contro: “Se tu sorridi ad una stella da qualche parte su nel cielo, allora mi basta volgere lo sguardo verso lo stesso cielo per essere felice. “ quella frase mi venne di getto, e sorrisi dopo averla detta. Lui si voltò e fece lo stesso, ripetendo la mia frase. Sorrise meravigliosamente, come sempre. E non potei fare altro che tornare dopo in macchina, e chiudere la portiera. Una nuova vita mi attendeva oltre. Facile non sarebbe stato, ma meglio di prima sicuramente si. Bastava pregare.
Con questi vi saluto, parto anch'ìio D: A Presto!! <3
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